Dal seme alla tavola, analizzando tutti gli elementi del processo produttivo: suolo, sostanza organica, lavorazioni, scelta varietale e ordinamento colturale, per mettere a punto tecniche utili e valide per la sostenibilità. È questa l’ambizione del progetto Bio.Gran.Sannio. presentato ieri presso la sede Provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori di Benevento.
A fare gli onori di casa, il Presidente CIA, Carmine Fusco, che si è detto entusiasta “Il progetto vuol essere di stimolo al territorio sannita a proseguire lungo la strada intrapresa dall’agricoltura di precisione anche nell’ambito cerealicolo”.
Il progetto Biodiversità e Agricoltura Sostenibile di precisione nel Sannio – finanziato dal PSR Regione Campania, Misura 16.1 azione 2 a sostegno di progetti operativi di Innovazione – ha lo scopo di salvaguardare la biodiversità cerealicola del territorio, a recuperare e valorizzare i grani storici dell’appennino sannita. Particolare attenzione è stata rivolta alle diverse varietà di frumento Risciola, Romanella, Marzolina e Saragolla oltre alla varietà di granturco Quarantino, ai processi produttivi sostenibili supportati da modelli di agricoltura di precisione, alla caratterizzazione genetica e alla qualità delle semole e delle farine con importanti proprietà nutrizionali e nutraceutiche.
Capofila del progetto è Agricoltura è Vita Campania, che supporta il programma e le aziende partner. La direttrice Evelina Grifone ha portato i saluti del Presidente Alessandro Mastrocinque, e ha spiegato il ruolo di Agricoltura è Vita Campania, ente di formazione ufficiale della CIA.
“L’ente oltre a svolgere attività di formazione, si occupa anche di progetti di consulenza e di ricerca. Da qui la collaborazione con l’Università del Sannio, l’Istituto Zooprofilattico di Portici e la spin off accademica Genus Biotech, al fine di dare maggiore supporto e sostegno alle aziende partner di progetto allo scopo di individuare un modello di produzione cerealicola a basso impatto che faccia da traino anche ad altre aziende del settore”.
Bio.Gran.Sannio è un progetto ambizioso anche per il numero di aziende coinvolte: 14 aziende agricole, tre partner della trasformazione e due Enti di Ricerca.
“Un partenariato dalla compagine articolata per il numero di aziende coinvolte – dice Nicola
Fontana, Funzionario Regione Campania – Assessorato all’Agricoltura – un progetto che nasce dal territorio e in sinergia con il mondo della ricerca, che sposa bene il dettato della Misura 16.1 del PSR, di creare delle innovazioni di processo, di prodotto e di organizzazione”.
Il responsabile Scientifico il prof. Pasquale Vito, docente di Genetica presso l’Università degli Studi del Sannio – ha sottolineato come “il progetto Bio.Gran.Sannio è importante da diversi punti di vista e i risultati della ricerca possono essere calati sul territorio. La caratterizzazione genetica delle varietà di grano locali, ovvero l’identificazione dei codici che permettono di riconoscere e tracciare queste varietà, è la base necessaria per la tracciabilità del prodotto e per strumenti informatici come la blockchain. Significa quindi poter dare al territorio un valore identificativo unico e caratterizzante e arricchirlo con percorsi enogastronomici di assoluta qualità”.
I partner di ricerca: Dipartimento Scienze e Tecnologia dell’Università degli Studi del Sannio in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno di Portici e Spin off Genus Biotech, si sono serviti di questo momento di comunicazione per presentare i primi importanti risultati della ricerca.
Maria Chiara Di Meo, Assegnista di Ricerca presso il DST, spiega i risultati della valutazione della qualità nutrizionale e funzionale del Triticum durum (grano duro) e in particolare della Saragolla.
Di questo frumento duro la Dott,ssa Di Meo ha sottolineato l’elevata qualità proteica e il notevole contenuto di molecole bioattive ad effetto benefico, in particolare l’acido ferulico e l’apigenina, che svolgono un ruolo importante sulla salute umana in quanto considerati potenti antiossidanti, antimicrobici e antitumorali, che aggiunti all’alto contenuto di fibra, in particolare fibra insolubile, potenziano la qualità funzionale di questo cereale. Una elevata qualità nutrizionale e funzionale, quindi, che deriva dalla interazione gene-ambiente tipica espressione della biodiversità territoriale unica e non riproducibile. Dagli studi condotti, la Saragolla, manifesta maggiore salubrità in termini di sicurezza alimentare dovuta alla sua adattabilità alle condizioni pedoclimatiche avverse e alla maggiore resistenza alle fitopatologie, ipotesi, confortata dai bassissimi valori di micotossine presenti nelle semole.
Il processo produttivo si avvale di un modello di agricoltura di precisione grazie al quale viene monitorato lo stato di salute del suolo. È stata realizzata la mappatura NDVI e la georeferenziazione dei campi sperimentali che consente di avere un sistema digitale di monitoraggio delle fasi vegetative della pianta, della fertilità, della riserva idrica e del contenuto in sostanza organica nel suolo.
In merito all’analisi genetica del grano, Immacolata Polvere – della spin off Genus Biotech – ha spiegato alla platea che “il frumento duro contiene 12 miliardi di nucleotidi (le “lettere” che compongono i geni), cioè è quattro volte in più di quelli che costituiscono il genoma umano.
Studiare Il Dna di queste piante ci consente di avere un patrimonio di informazioni in merito alla resistenza a malattie e a stress ambientali, la potenzialità produttiva, la qualità molitoria e gli aspetti nutrizionali”.
Un progetto complesso e articolato perché parlare di sostenibilità nell’ambito della filiera cerealicola necessita di un approccio globale che tiene conto della correlazione tra le azioni.
I risultati finora raggiunti dimostrano che per le aziende cerealicole, puntare sui grani storici del Sannio può essere una scelta vincente in termini di qualità, salubrità, redditività e competitività aziendale.
Il progetto avrà altri momenti partecipativi, in modo particolare le visite in campo, in cui si potrà vedere l’applicazione e l’uso di un prototipo di macchina per eseguire i lavori di “dissodamento sostenibile”.